giovedì 10 gennaio 2013

L’atto di cadere-Nuovo contenuto extra di CoLS

Cassandra ha rilasciato un nuovo contenuto extra,da Città delle Anime Perdute..questo contenuto si trova anche nell'ebook 'Pagine Rubate'..quindi vi posto quello!Per leggerlo in lingua originale,come sempre,cliccate sulla fonte.

|L’atto di cadere|

— Perché con te non posso farlo — fu la risposta di Jace. — Non posso parlarti, non posso stare con te, non posso nemmeno guardarti.
(da Città degli angeli caduti)

 Jace non dimenticherà mai l’espressione sul viso di Clary dopo che aveva pronunciato quelle parole: uno sgomento improvviso, tramutatosi in pallido dolore.
Non era la prima volta che la feriva. Ma mai perché lo aveva voluto, anche se gli era capitato di aggredirla ciecamente, come la volta in cui lei lo aveva sorpreso a baciare Aline e lui le aveva detto tutto quello che di più orribile gli fosse venuto in mente. Come se le parole, da sole, avessero il potere di farla scomparire e rimandarla in un luogo per lei sicuro.
Aveva sempre messo la sicurezza di Clary al primo posto. Se così non fosse stato, ora niente di tutto questo starebbe accadendo. Jace si domanda se lei riesca a leggergli il terrore negli occhi, le schegge di quei sogni in cui lui la pugnalava, la soffocava, l’affogava, e poi si guardava le mani, grondanti del sangue di lei.
Clary fa un passo indietro. C’è qualcosa sul suo viso, ma non è paura. È infinitamente peggio. Si gira, quasi inciampando per la fretta, e si precipita fuori dalla discoteca.
Per un istante lui resta in piedi a osservarla. È esattamente quello che voleva,gli grida una parte del suo cervello. Allontanarla. Mandarla via per salvarla.Ma il resto della sua mente sta guardando la porta che sbatte dietro di lei,constatando la definitiva rovina di tutti i suoi sogni. Un conto era spingerla fino a
quel punto, un altro lasciare che fosse per sempre.
Perché lui conosce Clary, e se lei ora se ne va, non tornerà mai più indietro.
Torna indietro.
In un modo o nell’altro Jace è fuori dalla discoteca. La pioggia cade a terra come una miriade di implacabili proiettili. Vede tutto in un’unica scena, come ha sempre fatto, come è stato addestrato a fare. Il furgone bianco vicino al marciapiede,la pendenza della strada quando curva per tornare a Greenpoint, la buia apertura di un vicolo dietro il bar, e Clary all’angolo, sul punto di attraversare la strada e uscire dalla
sua vita per sempre.
Quando lui la afferra, lei si libera il braccio con uno strattone, ma quando le mette una mano sulla schiena, si lascia guidare nel vicolo. La mano dalla schiena scivola sul braccio mentre lei si gira per guardarlo in faccia, e lui torna a vedere tutto quello che li circonda: il muro di mattoni bagnati sullo sfondo, le finestre sbarrate, le
attrezzature musicali gettate via che affogano dentro pozzanghere di acqua piovana.
E Clary sta alzando il viso, piccolo e pallido; il mascara cola, formando rivoli lucenti sotto gli occhi. I capelli sembrano più scuri, incollati alla testa. Si sente fragile e al tempo stesso pericolosa, fra le braccia di lui, un vetro pronto a esplodere.Strattona di colpo il braccio. — Se hai in mente di scusarti, non perdere tempo.
Non voglio nemmeno stare a sentire. — Lui cerca di protestare, di dirle che voleva soltanto aiutare Simon, ma lei scuote la testa, e le sue parole sono missili distruttivi.
— E non potevi dirmelo? Non potevi mandarmi un messaggio di due parole per dirmi dov’eri? Ah, aspetta. No, non potevi, perché hai ancora il mio cavolo di cellulare.
Ridammelo.
Lui allunga una mano per restituirle il telefono, ma non è davvero consapevole nei propri movimenti. Vorrebbe risponderle: No, no, no, non potevo dirtelo. Non posso dirtelo. Non posso dire che ho paura di farti del male anche se non voglio farlo. Non posso dire che ho paura di diventare come mio padre. La tua fiducia in me è la cosa più bella della mia vita e non posso sopportare di distruggerla.
Invece tutto quello che gli esce è un — Perdonami…
Clary impallidisce, e il rossetto sembra brillare di più, su quello sfondo smorto.
— Non so nemmeno per cosa dovrei perdonarti. Perché non mi ami più?
Si allontana senza guardare dove va e inciampa. Lui non può trattenersi e la sostiene. È così delicata e tremante fra le sue braccia, sono entrambi bagnati fradici e lui non resiste. Appoggia le labbra su quelle di lei, appena dischiuse, e sente il rossetto, sente il sapore di zenzero, sente Clary.
Ti amo. Non può dirlo, perciò cerca di comunicarglielo con la pressione delle labbra, del corpo e delle mani. Ti amo, ti amo. Le tiene i palmi intorno alla vita, per sollevarla, e se ne era dimenticato: lei non è fragile, lei è forte. Gli sta conficcando le dita nelle spalle, la bocca fiera contro la sua, e mentre lui la appoggia sopra un
amplificatore rotto sente il cuore battergli come se volesse saltare fuori dal petto.
Basta, gli sta dicendo la testa. Basta, basta, basta. Si costringe a toglierle le mani di dosso e a metterle contro il muro, da una parte e dall’altra della testa di lei.
Solo che in questo modo i loro corpi si sono avvicinati ancora di più, ed è stato un errore. Riesce a vedere il collo di lei che pulsa. Ormai il rossetto è scomparso, così non può fare a meno di fissare il rosa garofano di quella bocca accesa dai baci, che sussurra: — Perché non puoi parlarmi? Perché non puoi guardarmi?
Il cuore gli batte come se volesse liberarsi dal corpo e andare a vivere da solo,da qualche altra parte. — Perché ti amo.
È la verità, forse una verità inopportuna, ma che lo sta prendendo a pugni con la forza di una bugia. Il viso di lei si addolcisce, gli occhi si spalancano. Tiene le mani contro di lui, piccole, delicate e gentili, e lui le si abbandona contro, respirando il suo profumo sotto l’odore della pioggia. — Non m’importa — si sente dire. —Sono stanco di fingere di poter vivere senza di te. Non lo capisci? Non vedi che questo mi sta uccidendo?
Lui sta affogando, ed è troppo tardi. Si protende verso di lei come un drogato alla disperata ricerca della sostanza che aveva giurato di non toccare mai più, dopo aver deciso che è meglio bruciare in un’ultima fiammata che vivere per sempre senza.
E quel grigio mondo attorno si accende di colore, quando loro si avvicinano,corpi che sbattono forte contro il muro. L’acqua ha inzuppato il vestito di Clary e l’ha reso viscido sotto le dita di lui, come l’olio di un motore. Jace la afferra e la tira a sé, il desiderio che plasma i loro corpi a ogni contatto. Il respiro di lei gli risuona ansante nelle orecchie, le palpebre sono socchiuse e tremanti. Lui le tocca la pelle in ogni punto possibile: la nuca e le clavicole, dure sotto i polpastrelli; poi le braccia, lisce e scivolose. Anche le mani di Clary sono su di lui, non più timide delle sue, e ogni volta che si sfiorano è come se un fuoco divampasse per cancellare la pioggia e il freddo.
Lei gli tiene le spalle quando solleva le gambe e gliele stringe attorno alla vita, strappandogli un suono che nemmeno lui sapeva di poter emettere. Ormai è troppo tardi per tornare indietro. Le mani si contraggono involontariamente, e Jace sente il tessuto che copre i fianchi di lei lacerarsi sotto le proprie dita, finché non le tocca la pelle nuda. I loro baci sanno di pioggia. E se prima Jace non stava cadendo, lo sta
facendo ora.
Pensa alla Caduta, quella degli angeli che eternamente precipitano nel fuoco, e a Icaro, volato troppo vicino al sole. Aveva già pensato all’agonia della Caduta, al terrore per essa, ma mai che avrebbe potuto essere piacevole. Lucifero non aveva voluto cadere, ma nemmeno diventare servo. Mentre Jace stringe forte Clary a sé, più vicino di quanto avesse mai immaginato, si chiede se non sia soltanto nell’atto di cadere che si è davvero liberi.

Fonte: CassandraClare Tumblr

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